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INTRODUZIONE dell'autore.



     Questo libro è il risultato di una mera ricerca sulle leggi razziali italiane del 1938, partendo dalle origini ultrasecolari dello stesso antisemitismo, per finire all’individuazione, su base esclusivamente oggettiva e documentale, del percorso che portò alla loro approvazione nel nostro Paese e quindi all’individuazione anche dei veri responsabili prima, durante e dopo la loro emanazione. Questo libro, pertanto, non vuole essere inteso come un saggio o uno studio secondo i canoni classici, ma come una più generale analisi di molteplici fattori, talvolta apparentemente distanti tra loro, ma tutti comunque convergenti nel medesimo argomento.  

     Dall’emanazione di quelle infauste leggi fino al compimento della Shoah è passato quasi un secolo, ma ancora oggi, riguardo il nostro Paese, sembrerebbe non essere stata fatta ancora una completa ed oggettiva chiarezza sulle reali responsabilità di chi quelle leggi le volle davvero e riguardo chi, al contrario, vi si oppose con ogni mezzo a sua disposizione, talvolta senza averne ricevuto il giusto riconoscimento dalla storia.

 

     La tragedia della Shoah ha senza alcun dubbio insegnato a tutti noi quanto pericoloso possa essere il solo pensare di classificare degli esseri umani inferiori ad altri per religione, provenienza o altro. Ma la Shoah ci ha al contempo insegnato che talvolta anche le leggi possono essere utilizzate al fine di sdoganare quell’insano principio e renderlo addirittura legale. Le cosiddette leggi razziali, infatti, emanate prima nella Germania nazista e pochi anni dopo anche nell’Italia fascista, al fine di discriminare prima e perseguitare poi, coloro che erano stati precedentemente definiti come inferiori, erano appunto supportate e legittimate da presupposti giuridici.

     Un aspetto, tra i tanti, dell’intera vicenda è però certo: l’antisemitismo di Stato, imposto appunto mediante le leggi razziali del 1938 ha ferito profondamente non soltanto la comunità ebraica italiana ed internazionale, ma l’intera comunità italiana - intesa come Nazione e come popolo - che è stata all’improvviso, e per legge, spezzata in due, definendo giusta e positiva una parte, mentre al contempo additava come sbagliata e negativa l’altra, in un tempo in cui nessuno degli italiani dotati di senno ne avvertiva né il desiderio, né il bisogno, tanto che ancora oggi (come allora), prima di ogni altra cosa, spesso ci si è chiesti il perché dell’emanazione di quelle leggi, così incomprensibili ed assurde, oltre che inumane.

 

     La storia, quella vera, come ben sappiamo, ha però bisogno di essere descritta con la massima precisione e per poterlo fare bisogna anche nutrire il costante desiderio di circostanziarla e contestualizzarla al meglio nella sua narrazione, senza aggiungere od omettere nulla, proprio al fine di evitare, al contrario, di giungere a giudizi che, nella migliore delle ipotesi, potremmo definire frettolosi, se non addirittura errati, poiché frutto di sottili ed interessate elaborazioni. Per tentare di riuscire a farlo nel migliore dei modi, basterebbe evitare di correggere consapevolmente la narrazione di una vicenda, al fine di orientarne il giudizio finale in una direzione prestabilita. Nel corso della storia dell’Uomo purtroppo sappiamo bene che spesso ciò è stato fatto, per mano di chi deteneva il potere di riscrivere quella storia, appunto per far ricadere colpe su alcuni, assolvendo in tutto o in parte altri dalle medesime colpe e spesso trovando in tutto ciò un certo vantaggio, anche parecchio duraturo.

 

     Come avremo modo di descrivere meglio e sulla sola base di elementi di fatto, ciò purtroppo è stato fatto anche riguardo le leggi razziali italiane del 1938 e dei suoi principali protagonisti. Difatti, in tal senso, anche l’aspetto storico di quelle normative non fa eccezione, tanto che, come sarà meglio descritto di seguito, le relative responsabilità riguardo la loro concezione, emanazione ed applicazione vengono oggi unanimemente fatte ricadere pressoché principalmente su una parte, ovvero prevalentemente su una sola figura storica di quel tempo, piuttosto che su altre. Ciò perché, troppo spesso, nel descrivere fatti di per sé incontrovertibili, si è omesso di farlo in maniera sufficientemente precisa, cioè senza contestualizzarli adeguatamente.  Non è infatti un segreto che nel descrivere la triste, complessa e delicatissima vicenda delle leggi razziali italiane, nel corso dei decenni siano stati “distrattamente” omessi dei passaggi assolutamente cruciali; la (forse voluta) conseguenza è stata che, agli occhi dei più, queste omissioni hanno creato dei falsi responsabili di tutto quanto accaduto, attenuando, e di molto, le colpe degli unici veri responsabili.

 

     Proprio per tale motivo, l’argomento di questo libro resta quindi senza alcun dubbio ancora oggi, sebbene a distanza di quasi un secolo, tra i più delicati, diremmo quasi scottanti, e quindi certamente tra i più difficili da trattare, anche se la storiografia ufficiale ha finora ben “spiegato” oramai buona parte degli eventi principali, dandone una chiave di lettura pressoché univoca. Tuttavia tale storiografia, in questo campo, come in altri delicati contesti storici, a partire dagli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale e finanche ai nostri giorni, non sempre ha potuto godere della necessaria serenità per poter valutare con adeguata veridicità quali e quante furono le reali colpe di coloro che ad oggi vengono ancora indicati come i principali responsabili dell’emanazione di quelle insensate leggi. Alla luce di alcuni eventi, specie di quelli meno noti, alcune posizioni dovrebbero infatti essere per lo meno riesaminate, proprio nel campo delle reali responsabilità e ciò unicamente per veridicità storica e naturalmente anche per onestà intellettuale di chi la storia dovrebbe descriverla unicamente raccontandone i fatti, tutti, senza ometterne nessuno.

 

 

     È oggi massimamente noto a tutti che, appunto nel campo delle leggi razziali del 1938, la maggiore responsabilità, proprio riguardo l’emanazione e quindi anche della successiva applicazione di quelle leggi, compreso tutto ciò che avvenne in seguito, sia oggi fatta ricadere quasi esclusivamente sul Re Vittorio Emanuele III, colpevole di averle “firmate”, ponendo come base di questa tesi, il fatto che se il Sovrano non le avesse firmate, l’Italia non avrebbe mai avuto alcun problema razziale al suo interno. Tale diffuso giudizio tiene però conto di proprio tutto ciò che portò il Re ad apporre la sua firma su quelle leggi? In altre parole, davvero Vittorio Emanuele III le firmò perché intimamente persuaso della loro bontà ed anche perché egli stesso era convintamente antisemita? E soprattutto, prima ancora di promulgarle, fu anche lo stesso Vittorio Emanuele III a concepire, orientare, strutturare e definire i particolari delle leggi razziali, per poi farle approvare dal Parlamento?

E riguardo la Chiesa, quale fu davvero il suo ruolo in quel contesto? In quale misura i pontefici Pio XI e Pio XII si opposero o meno all’antisemitismo italiano? Ancora, perché Mussolini passò dall’essere un acceso oppositore dell’antisemitismo tedesco ad un suo convinto sostenitore? Chi lo convinse del contrario e perché?

 

     Questi sono soltanto alcuni dei quesiti ai quali si tenterà di dare una risposta nella ricerca che seguirà, secondo un’analisi dell’intera questione, svolta però da un diverso punto di vista, rispetto a quelli finora adottati, basato soltanto su elementi oggettivi e documentati; ciò al fine di meglio comprendere, con la dovuta lucidità, quali siano stati i veri responsabili che portarono l’Italia ad adottare quelle infauste leggi, le quali erano peraltro in evidente contrasto con ciò che storicamente era, e per grande fortuna è tuttora, la natura tollerante degli italiani. Nel farlo, anche al fine di sottolineare le varie conseguenza di quelle leggi, saranno descritte anche altre figure, alcune delle quali poco note, che si schierarono dalla parte delle vittime ed altre che, nello stesso momento, collaborarono invece assai attivamente con i carnefici.

 

     Come accennato in apertura, appare indubbio che la questione delle leggi razziali varate in Italia nel 1938 costituisca, ancora oggi, occasione di importanti e spesso animate discussioni, non soltanto a carattere puramente storico. Se però da un punto di vista umano è più che comprensibile che le terribili ferite, causate dall’antisemitismo di Stato, siano ancora oggi oggetto di forti emozioni, specie in coloro che proprio a causa di quelle leggi videro sparire per sempre i propri cari, bisogna comunque ammettere che proprio attorno all’argomento ruotino ancora oggi considerazioni che, troppo spesso, poco o nulla hanno a che fare con la storia in sé e che talvolta non trovano rispondenza negli aspetti meramente storico-sociali che quelle leggi determinarono ben 85 anni fa; considerazioni, queste ultime, che in più occasioni sono state ingiustamente invece sfruttate in campo politico.Difatti, appare evidente che ancora oggi l’importante aspetto dell’intero percorso, che alla fine portò all’emanazione ed all’applicazione di quelle leggi, viene solitamente relegato ad argomento quasi secondario di discussione, preferendo liquidare la questione solo indicandone i responsabili, veri o presunti, soltanto a partire dall’atto della loro promulgazione.

 

     Ecco quindi che il sottotitolo di questo libro “Le origini e le conseguenze”, come pure “Chi le volle davvero. Chi vi si oppose” assume il suo vero significato, quasi prevalente in questa ricerca, poiché fornisce già una chiara idea di quale sia stato il motore che ha animato la stesura di questo testo. Una linea orientata non soltanto verso la classica narrazione dell’argomento principale, ma anche verso la ricostruzione delle reali origini di quelle leggi, oltre che naturalmente alle conseguenze di carattere sociale. Un lavoro quindi inteso a fornire uno spunto di riflessione e di confronto rispetto a quanto finora diffusamente affermato sull’argomento.

 

     In tale contesto verranno anche fatti i nomi di veri criminali, come pure di eroi autentici, talvolta assai noti, talvolta sconosciuti, ma tutti accomunati dall’aver preso parte alle vicende causate dall’antisemitismo di Stato, talvolta assecondandolo, talvolta contrastandolo, analizzando al meglio comportamenti che la storia ha talvolta “distrattamente” ignorato, come anche comportamenti che dalla stessa storia sono stati non soltanto riportati, ma anche esaltati; il tutto nel tentativo di fare maggiore chiarezza in questo contesto intorbidito dal tempo e purtroppo anche spesso da interessi di parte.

     Chi scrive di storia, a patto di farlo secondo coscienza, dovrebbe avere, infatti, un solo dovere: quello di ricercare, inseguire, catturare e rendere nota esclusivamente la verità; non certo la sua personale, poiché la verità non può appartenere a nessuno, ma soltanto quella descritta e narrata dai fatti. Sarebbe infatti beneficio di tutti se nella narrazione storica si seguisse quindi l’esempio dei monaci benedettini, che seppero conservare la storia per ciò che realmente fu, poiché non soltanto non vollero distruggere i testi classici, ma al contrario li trascrissero integralmente, anche quelli da loro stessi definiti pagani. In questo modo seppero dimostrare quanto sia importante, riguardo il medesimo argomento, avere a disposizione una chiave di lettura differente dalla propria. Esattamente questa, infatti, è la base della vera libertà di pensiero.  Al contrario, raccontando solo la versione più personalistica dei fatti, intesa come la più immediatamente “utile”, quella stessa libertà verrebbe negata, come in effetti, anche riguardo le leggi razziali italiane, è spesso accaduto. 

 

     Come negare l’Olocausto è pura follia, paragonabile ad un vero e proprio crimine anche contro la verità, così pure alterare o anche semplicemente omettere parte dei fatti, al fine di riuscire ad affermare la “propria” di verità, appare essere parimenti un delitto.

     Per quanto brutta o talvolta per qualcuno scomoda possa essere la storia in alcuni dei suoi passaggi, l’obbligo morale di raccontarla esattamente per come fu, costituisce il primo dovere di chi si cimenta a narrarla; obbligo che prevede, come detto, unicamente la descrizione dei fatti reali e ciò al fine di lasciare esclusivamente al lettore la libertà ed il diritto di interpretarla, al fine di trarne le sue personali ed uniche conclusioni. È questo un diritto che spetta esclusivamente al lettore, ed un dovere dello scrittore.

     Sotto questo aspetto il compito dello scrittore di storia non è mai stato facile, al punto che già all’incirca duemila anni fa, tale difficoltà era ben nota. Il famoso storico e Senatore romano Publio Cornelio Tacito, infatti, disse: “La storia non è partigiana. La storia non ha partito politico. La storia è soltanto il tempo che viene narrato e descritto”.

 

     Nell’augurare, quindi, una buona lettura auspico che questo lavoro possa fornire uno spunto per un’analisi diversa, più serena e ragionata, riguardo questo delicato e tragico periodo della nostra storia, che tutti noi speriamo non torni mai più.

 

 

 

Guglielmo Bonanno di San Lorenzo

PICCOLO GRANDE RE

Vittorio Emanuele III - Un'altra storia

Prefazione di S.A.R. il Principe Vittorio Emanuele di Savoia.

 

 

“La storia non è partigiana. La storia non ha partito politico. La storia è il tempo che viene narrato e descritto”.


 

Questa affermazione di Publio Cornelio Tacito, antica oramai di quasi 2000 anni, è stata tenuta presente in ogni passaggio della stesura di questo libro, incentrato sulla figura di Vittorio Emanuele III, cosa che finora pochissimi storici, ovvero autori di libri scritti sul suo conto, hanno dimostrato di aver saputo fare, preferendo, invece, allinearsi ai dettami della storia cosiddetta “ufficiale”.

 

Vittorio Emanuele III, durante il suo regno, ha dovuto affrontare eventi per dir poco determinanti, se non proprio assolutamente cruciali, per la vita e la storia d'Italia.

Dall'assassinio del padre Re Umberto I, passando per le ripetute crisi economiche e politiche, al colonialismo, la prima guerra mondiale, il biennio rosso, il fascismo, la seconda guerra mondiale ed infine il 25 luglio e l'8 settembre, Vittorio Emanuele III, che il "mestiere di Re" (come egli stesso usava indicare il suo importante ruolo istituzionale) proprio non avrebbe voluto farlo, si ritrovò invece a dover prendere decisioni, sicuramente non sempre da egli stesso condivise, ma comunque ritenute assolutamente necessarie per la vita e la sopravvivenza dello stesso Paese.

Naturalmente, a guerra finita, sappiamo tutti e bene che Vittorio Emanuele III è stato il bersaglio preferito e condiviso da più parti (anche ideologicamente opposte) che hanno trovato comunque utile e conveniente riversare su di lui colpe vere o presunte, ma ad ogni modo senza mai dargli la giusta possibilità di replica.

 

E’ principio di ogni tirannia la negazione del diritto, cominciando proprio dalla negazione del diritto ad un giusto processo e pertanto ad una giusta difesa da qualunque tipo di accusa; questo, purtroppo, è ciò che invece è avvenuto sul suo conto e che massimamente continua ad avvenire.

In questo lavoro si è cercato quindi di scremare qualunque forma di condizionamento ideologico e/o politico e di adottare quindi la necessaria serenità nel ripercorrere, una dopo l'altra, le maggiori accuse rivolte a Vittorio Emanuele III nel corso di questi ultimi 70 anni circa, assumendone una ideale ed ipotetica "difesa" in quel processo storico che dura dal 1946 e che lo ha visto unicamente nella figura di accusato senza facoltà di replica. Non è questo un compito facile per un autore, anzi. Proprio perché esseri pensanti, tutti noi siamo portati a modellare un fatto, un evento o un personaggio storico ai nostri desideri o talvolta ai nostri auspici; pertanto, ogni passaggio di questo libro è stato oggetto di un’attenta valutazione relativa proprio alla maggiore esattezza storica possibile (in virtù della documentazione in possesso) e della voluta moderazione, anche della semplice terminologia adottata, proprio per non dare all’insieme l’immagine di un testo politicamente orientato, come quasi sempre avviene invece quando si analizzano periodi storici “particolari”.

 

Di Vittorio Emanuele III ne emerge quindi la figura dell’uomo, prima ancora di quella del Re, assolutamente diversa da quella a cui siamo stati "abituati" a riferirci finora, tanto che a tratti appare quasi incredibile, quasi non stessimo parlando di lui, visto quanto finora è stato detto e scritto sul conto.

In estrema sintesi, in ogni momento della stesura di questo libro, si è voluto sempre tenere presente i concetti di esattezza e di correttezza, ritenuti a parere dello scrivente, autentica conditio sine qua non, al fine di fare finalmente chiarezza su alcuni dei passaggi più importanti della nostra storia.

 

Una chiarezza utile a tutti coloro che, senza odio e senza astio, hanno a cuore la Storia, quella vera.


PANORAMA DIFESA -    Dicembre 2015


     Dalle sue pagine appare evidente che ogni frase, ogni parola è stata attentamente studiata per non cadere nella tentazione di descrivere i fatti storici con le convinzioni dell’autore. Pertanto, in questo libro si ritrovano solo elementi di fatto estremamente documentati, lasciando al lettore la libertà di maturare una propria opinione in merito al personaggio storico di Vittorio Emanuele III.

     Non deve essere stato compito facile per l’autore, ma grazie alla precisione storica dei fatti narrati e alla voluta moderazione nel descriverli, egli sembra esservi riuscito, producendo un lavoro scorrevole e gradevole nella lettura, ma soprattutto assolutamente distante dall’idea di testo politicamente orientato, come invece spesso accade quando si tenta di analizzare periodi storici “particolari”.


Leggi l'intera recensione  sul numero di PANORAMA DIFESA  di dicembre 2015



     

ARCHIVIO STORICO


     "In ogni momento della stesura di questo libro, si sono sempre tenuti presenti i concetti di correttezza e di veridicità, al fine di fare finalmente chiarezza su alcuni dei passaggi più importanti della nostra storia. Una chiarezza utile a tutti coloro che, senza odio e senza astio, hanno a cuore la Storia, quella vera".

 

Leggi l'intera recensione su www.archiviostorico.info

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PICCOLO GRANDE RE

Vittorio Emanuele III - Un'altra storia


Seconda Edizione


DISPONIBILE


Con la prefazione di S.A.R. il Principe Vittorio Emanuele di Savoia.

 

 

La storia di Vittorio Emanuele III è stata finalmente riscritta.


Fermo restando ciò che è già stato descritto nella recensione della prima edizione di questo titolo, in questo libro, che costituisce la prima biografia realmente revisionista sul conto del penultimo Re d’Italia, l’autore ha infatti  inteso approfondire le ricerche su Vittorio Emanuele III, scrivendone questo libro ed intitolandolo “PICCOLO GRANDE RE”, ricercando quella verità, finora sconosciuta, riguardo il personaggio storico e l’uomo, nel tentativo di volerlo quindi inquadrare storicamente nella maniera più serena e pertanto più obiettiva, scevra da qualunque condizionamento politico.



La pacata ricerca della verità, quindi, intesa come logica esattezza delle cose, è stato il motore principale di tale ricerca, ritenendo semplicemente corretto fornire finalmente una sorta di difesa, anche se solo virtuale, che appunto a Vittorio Emanuele III, in quel “processo” storico in cui, di fatto, non gli è mai stata davvero concessa e che lo vede nella figura di “imputato” quasi unico, oramai da 70 anni, per tutti gli eventi negativi derivanti dal fascismo e dalla seconda guerra mondiale.


Già il titolo di questo libro lascia intendere che a Vittorio Emanuele III l’autore abbia saputo riconoscerne anche dei meriti, oltre che sottolinearne ovviamente anche gli errori, sebbene umanamente comprensibili, proprio analizzandone il personaggio, iniziando dal punto di vista umano, prima ancora che da quello del Sovrano.Secondo tale orientamento, quindi, fatti noti come l’avvento del fascismo in Italia, la pretesa “complicità” con lo stesso Mussolini, il 25 luglio, l’8 settembre, il Regno del Sud, l’abdicazione, l’esilio, ma anche i difficili anni del primo novecento, il colonialismo, la prima guerra mondiale, il primo dopoguerra, il biennio rosso, sono stati descritti ed analizzati secondo una prospettiva diversa da quella massimamente diffusa, fornendo alla fine un’immagine molto più obiettiva e pertanto quasi irriconoscibile di Vittorio Emanuele III, il tutto al solo fine di rendere onore alle parole di Publio Cornelio Tacito quando affermava che “(...)La Storia è solo il tempo che viene narrato e descritto”.


Proprio il significato intrinseco di questa affermazione è il vero filo conduttore di questo, come di tutti gli altri lavori svolti finora dall'autore, nella sua veste di storico e di biografo di Casa Savoia.


Di grande interesse storico ed umano appare il nuovo capitolo inserito in questa edizione  e relativo alle tristemente famose "leggi razziali", oggetto di autentico tormento interiore per il Re Vittorio Emanuele III che mai le volle e che, in ultimo, fu costretto a ratificare, in virtù di quanto spiegato, peraltro in forma assai precisa, dall'autore del libro.


Un volume, questo, indispensabile per poter avere una visione  più ampia e trasparente del Re che regnò dal 1900 al 1946, nel periodo indubbiamente più difficile per il nostro Paese.

UMBERTO II

Il Principe, il Re, l'Uomo


(pp.838)

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